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    The basic obstacle on the road to peace in Ukraine is Russian mentality. The outstanding Georgian philosopher Merab Mamardashvili (1930-1990), often referred to as “the Georgian Socrates”, observed: “The Russian norm is an extremely barbaric state of mind”. Intellectuals in the Eastern Europe enslaved by the Soviet empire after the World War II coined out a similar, very popular saying: “Russia is not a country. It’s a state of mind”. Nowadays the most important research institutes try to examine, analyze and explain this curious phenomenon. Without this precious knowledge it is impossible to understand what is going on in Ukraine.

    The Russian is rightly convinced that he belongs to a great nation which has given to the world great writers, musicians and scientists. He rightly believes that Russia is a world power which liberated Eastern Europe from the Nazis and paid for it with the lives of 12 million Red Army soldiers. For these reasons the Russian thinks that the whole world owes him great respect and boundless gratitude. Hence, his country should enjoy special rights within the international community, including the divine right to interfere with the affairs of his neighbours and invade them any time, if need be. As the joke goes: “Which countries does Russia border? The ones she wants to”.

    Within this vision of the world there is no room for the truth of the Soviet – Nazi alliance (Ribbentrop – Molotov Pact). The Russian does not comprehend that the Red Army did not liberate the Eastern Europe countries but enslaved and terrorised them. In addition the imposed communist economy brought about poverty and the imposed ideology – the total breakdown of moral and civilising values.

    The fall of the Soviet empire and the Yeltsin’s “Time of Trouble” was a huge blow to the Russian national pride and to the myths the Soviets had believed in for so many years. Putin decided to return the pride to the nation. This is why the nation loves and supports him so overwhelmingly and unconditionally. Putin recreated the formidable communist propaganda machine and started to indoctrinate and mobilise the nation again against their old, mortal enemy: the West and particularly the USA. Nowadays the Russians again believe that they are under serious NATO threat. They also believe that there were the NATO secret agents (the Poles and Lithuanians) who fathered the fascist coup in Kiev. Moreover, they are convinced that the decadent and perverse West aims at corrupting and destroying Russia’s high moral and religious standards. This apotheosis of the old, mystical Russia is on pair with the glorification of the grim times of communism and Stalin. Maybe this is why the Russians feel so happy under the dictatorship of Putin. In any case they have never experienced true democracy and do not understand it. It was not by accident that the communist Russia did not evolve into democracy but into a gangster state ruled by the KGB colonel Putin.

    The Russians firmly believe that the West wants to destroy them and their country militarily, economically and morally. Therefore they consider the annexation of Crimea and triggering the civil war in Ukraine by Putin as totally justified act of defence. What is terrifying, the Russians and their media are clearly very proud that the world is afraid of Russia. This sinister respect, enforced by power and threats, gives them a lot of satisfaction.

    Putin is the creator and in the same time the hostage of his propaganda machine. He cannot turn back, even if wanted to. Besides, the military power is his only trump cart. The Russian GDP despite huge oil and gas export is a bit lower that that of Italy. The economy of today’s Russia is as inefficient and retarded as it was under communist economic folly.

    L’ostacolo più difficile sulla via della pace in Ucraina è costituito dalla particolare (e non sempre compresa in Occidente) mentalità dei russi. Un eminente filosofo georgiano, Merab Mamardashvili (1930-1990), disse che “la Russia è uno stato mentale barbaro”. Gli intellettuali dell’Europa centro orientale, già assoggettata all’URSS, attenuarono quella diagnosi. “La Russia non è un Paese bensì uno stato della mente”, sostengono oggi in molti e il fenomeno viene analizzato da vari istituti di ricerca e di studi orientali, seri e riconosciuti. Senza capire l’insieme di assiomi inculcati ai russi per anni dalla pervasiva propaganda sovietica, che oggi è alla base del loro pensiero storiografico e geopolitico, non è possibile comprendere ciò che succede in Ucraina né quello che è successo in Europa dal 1945 in poi.

    Un russo, non senza ragioni, è convinto di far parte di un grande popolo che ha dato al mondo numerosi e illustri scrittori, musicisti e scienziati. Crede inoltre, e non senza ragioni, che la Russia sia la potenza che aveva liberato metà dell’Europa dalla dominazione di Hitler al prezzo di milioni di vite dei suoi soldati. Per questi motivi ogni abitante del Paese è oggi fermamente convinto che il mondo intero debba alla Russia e ai russi stima e riconoscenza. Da tali convinzioni scaturiscono dei diritti spettanti alla Russia nell’ambito internazionale: il diritto di decidere delle sorti del mondo e soprattutto delle sorti dei Paesi vicini, che possono essere invasi in qualsiasi momento. Si dice che alla domanda con chi confina la Russia la risposta esatta sia “con chi vuole”.

    Tale visione del mondo non lascia spazio alla verità, per esempio sull’alleanza tra l’URSS e Hitler (Patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939). Un russo non prende in considerazione nemmeno che l’Armata Rossa abbia liberato una parte dell’Europa occupata dai nazisti per sostituirsi a loro perpetrando per motivi politici degli arresti di massa e delle esecuzioni sommarie, facendo crescere la povertà e incoraggiando il misconoscimento di qualsiasi valore universale.

    La caduta dell’Unione Sovietica, la perdita del potere in Europa centro orientale e la crisi politica scaturita da Eltsin sono stati per il fiero popolo russo dei colpi molto duri, che hanno distrutto il mito nel quale aveva creduto per più di mezzo secolo. Oggi Putin desidera restituire ai russi il loro orgoglio. Ed è per quella ragione che l’85% dei suoi connazionali lo ama e lo sostiene. La potente macchina della propaganda è stata rimessa in moto con ancora più forza di convincimento. Il popolo è di nuovo mobilitato per sconfiggere il nemico, subdolo e potenzialmente letale, e cioè l’Occidente sotto la guida degli Stati Uniti, contro il pericolo militare costituito dalla Nato che essendosi insediata ai confini dell’impero (in Polonia e nelle Repubbliche Baltiche) stia tessendo delle trame minacciose, non paga di aver già fatto un golpe fascista a Kiev, nella previsione di un’offensiva massiccia contro la tradizione culturale russa. La propaganda di Putin, accompagnata dall’apoteosi dei tempi cupi di comunismo e di Stalin, fa sembrare la Russia come ultimo baluardo dell’integrità morale e valori tradizionali che l’Occidente, marcio e decaduto, vorrebbe distruggere. Forse non c’è da meravigliarsi però che i russi si trovino così bene con la dittatura. Non avendo mai conosciuto il sistema democratico, non capiscono i suoi meccanismi. Sulle rovine del comunismo, invece di un sistema democratico è stato istituito uno stato criminale governato da ufficiali dei servizi segreti con al comando il colonnello della KGB – Putin.

    Un russo, indotto a credere di trovarsi sotto l’assedio dell’Occidente che mira alla disintegrazione economica e morale della Russia, è convinto che sia in gioco la sorte del suo Paese. Così nell’annessione della Crimea o nello scatenare della guerra civile in Ucraina vede solo la legittima difesa. E stupefacente però che i cittadini, così come i media russi, sembrino orgogliosi dell’angoscia suscitata nel mondo e che per loro il rispetto, anche se guadagnato con la forza e la paura, sia motivo di grande soddisfazione. Putin è al contempo l’artefice e l’ostaggio della propaganda che ha plasmato l’anima del suo popolo. Pur volendo, non può battere in ritirata. Il potenziale militare è l’unico punto di forza della Russia poiché il PIL, nonostante i miliardi ricavati dalle vendite di materie prime, è inferiore a quello dell’Italia. L’economia del dittatore Putin è inefficiente e arretrata esattamente come quella dell’epoca comunista.


    Rosja to stan umysłu

    Podstawową przeszkodą na drodze pokoju na Ukrainie jest rosyjska mentalność. Wybitny gruziński filozof Merab Mamardashvili (1930-1990) stwierdził: „Rosja to krańcowo barbarzyński stan umysłu”. Intelektualiści zniewolonej przez ZSRR Europy środkowo-wschodniej złagodzili tę diagnozę i tak powstało niezwykle popularne w tych krajach powiedzenie: „Rosja to nie kraj. To stan umysłu”. Analizą tego kuriozalnego zjawiska zajmują się dziś poważne instytuty naukowe. Bez znajomości wbijanego Rosjanom od lat do głowy przez agresywną propagandę systemu aksjomatów, na których opiera się ich historyczne i geopolityczne myślenie nie sposób pojąć tego, co dzieje się teraz na Ukranie, ani tego, co się dzieje w Europie od 1945 r.

    Rosjanin nie bez racji jest przekonany, że należy do wielkiego narodu, który dał światu wielkich pisarzy, kompozytorów i naukowców. Też nie bez racji wierzy, że Rosja jest mocarstwem, które wyzwoliło pół Europy spod panowania Hitlera kosztem życia milionów żołnierzy. Z tych powodów uważa, że świat winien jest Rosji i Rosjanom ogromną wdzięczność i szacunek. Stąd właśnie mają wypływać należne Rosji w społeczności międzynarodowej specjalne prawa: decydowanie o losach świata, a szczególnie sąsiadów, których można najechać w każdej chwili. Zgodnie z dowcipem: „Z kim graniczy Rosja? Z kim chce”.

    W tej wizji świata nie ma miejsca na prawdę o sojuszu z Hitlerem (pakt Ribbentrop – Mołotow). Rosjanin nie pojmuje, że Armia Czerwona wyzwoliła część Europy spod okupacji niemieckiej tylko po to, by zastąpić ją własną, która przyniosła masowe aresztowania i mordy polityczne, biedę i upadek wszelkich wartości.

    Upadek Związku Radzieckiego, utrata imperium w Europie środkowo-wschodniej i kryzys czasów Jelcyna był dla Rosjan potężnym ciosem w narodową dumę. Zachwiał mitami, w które przez pół wieku wierzyli. Putin postanowił tę dumę Rosjanom zwrócić. Dlatego kocha go i wspiera 85 procent rodaków. Potężna rosyjska machina propagandowa wsącza Rosjanom do głów znów to, co sączyła propaganda czasów komunizmu. Naród znów jest mobilizowany do walki przeciw śmiertelnemu, podstępnemu wrogowi: Zachodowi pod wodzą USA. Chodzi o zagrożenie militarne ze strony NATO, które usadowiło się na rubieżach i knuje (Polska, państwa bałtyckie), a na domiar złego przeprowadziło faszystowski zamach stanu w  Kijowie, jak i zagrożenie kulturowe. Zgodnie z putinowską propagandą Rosja stoi na straży moralnej czystości i tradycyjnych wartości, które zgniły, upadły Zachód chce zniszczyć. Towarzyszy temu nachalna apoteoza ponurych czasów komunizmu i Stalina. Może dlatego tak im dobrze z dyktaturą. Zresztą demokracji nigdy nie zaznali, więc jej mechanizmów nie pojmują. Na gruzach komunizmu zamiast demokracji zbudowali państwo gangsterskie rządzone przez oficerów komunistycznych tajnych służb z pułkownikiem KGB Putinem na czele.

    Rosjanie są święcie przekonani, że Zachód ich atakuje, chce zniszczyć ich państwo gospodarczo i moralnie. Wierzą, że właśnie teraz roztrzygają się losy ich narodu. Stąd w optyce Rosjan aneksja Krymu czy rozpętanie wojny domowej na Ukrainie to jak najsłuszniejsze działania obronne. Co przy tym porażające, Rosjanie i ich media są najwyraźniej dumni, że świat się Rosji boi. Respekt wymuszony siłą i strachem sprawia im ogromną satysfakcję. Putin jest jednocześnie twórcą i zakładnikiem rosyjskiej propogandy, która ukształtowała rosyjskie umysły. Nie może się cofnąć nawet, gdyby tego chciał. Zresztą potęga militarna to jedyny atut w rękach Rosji. Jej PKB, mimo ogromnych pieniędzy zarabianych na sprzedaży surowców, jest nieco niższy niż kompletnie ich pozbawionej Italii. Gospodarka gansterskiego państwa Putina jest równie niewydolna i zacofana jak w czasach komunizmu.

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      Piotr Kowalczuk

      Rome correspondent of a Polish daily “Rzeczpospolita”, formerly BBC World Service in London