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    A major problem of Central European countries that got rid of communist totalitarianism some 26 years ago seems to be the fact that they still haven’t rooted in western liberal democratic mindset sufficiently. The Czech post-communist political scene offers a good illustration.

    Moral devastation through the period of communist totalitarianism has left vast damage on the countries that were formerly Soviet satellites. Any recovery will demand more time than that required for economic and political transformation alone. Even the Czech society, which had a significant democratic experience during the inter-war Czechoslovakia period and which has already restored its democratic state after the Velvet Revolution fairly, suffers still with the disease that was described by Jiri Pehe as “democracy without democrats.” The democratic institutions have been set up well, nevertheless, politicians and citizens have not developed the democratic mindset adequately. They tend to respond to different challenges with a less than democratic (or even non-democratic) political stance. Thus society inclines to different displays of populism, nationalism, corruption and low political culture.

    Russian Erosional Influence

    These trends are supported also by increasing influence of Russian economic and intelligence activities in the society, the relics of Soviet domination in this region, which represents often underestimated threat. Pro-Russian lobby and media promote nationalistic and Eurosceptic political tendencies intensely in order to weaken or damage the European integration. Media like Aeronet.cz, Sputnik and others spread the Kremlin´s propaganda involving anti-western rhetoric, political nationalism, xenophobia and conspiracy theories. Their echo occurs then in political populism of significant representatives of the Czech post-communist political scene including the President Milos Zeman and former President Vaclav Klaus. Political agenda of these people thus tends to criticism of western liberal democratic values similarly like in other post-communist countries in Central Europe.

    Two reasons, why these ideas resonate within society, can be identified. First of all, as mentioned above, it is the fact that the society has not yet developed the sufficient sensitivity and confidence in democratic principles. Public discourse is still vulnerable and prone to different forms of manipulation and populism. Secondly, these Central European societies have perceived themselves as victims of different hegemonies for generations and this has left their collective identities uncertain and unbalanced. The syndrome of “playing second fiddles” is still very strong and makes the societies very sensitive to all authoritarian forms of exercising power from abroad.

    Response to the Refugee Crisis

    This is the rationale for such a hasty reaction of Visegrad states to the EU Council´s decision about the distribution of refugees among all EU member states. The migration crisis brought these societies together as Radko Hokovsky elaborated recently in the newspaper Politico. European security and the struggle for European values has become surprisingly the main issue also in the Czech public discourse. Despite the fact that the Czech Republic represents one of the most secularized countries, religion paradoxically becomes now part of this context too. In the name of defense of “our traditional Christian values” there is an opposition against the integration of Muslim refugees into Czech society. As Tomas Halik writes “it is symptomatic that the greatest portion of fear from Islam can be found in the Czech Republic, where almost no Muslims live. The main source for this fear is thus a lack of knowledge”. Unfortunately, this type of xenophobia, which has roots in the mono-cultural and uniform society of the communist totalitarianism, resonates also with some Church circles and representatives who assert that Christian refugees only should be accepted.

    The refugee crisis, however, reveals many promising aspects and achievements of the democratic transformation. After some period of initial bewilderedness Czech mainstream media have shown considerable opposition to populism against refugees. Also, the civil society has proven to be well established. Despite the reserved position of political representatives, dozens of NGOs spontaneously organized humanitarian actions. Hundreds of Czech youth volunteers have participated so far in a direct humanitarian aid to refugees on different sites of the Balkan path. Also within the Church, many people have got involved in different ways for refugees and many Church representatives have become important “voice of conscience” in the actual situation.

    (source: Europeinfos #191)

    Uno dei problemi principali dei paesi dell’Europa centrale, che si sono liberati dal totalitarismo comunista circa 26 anni or sono, sembra essere il fatto che non si sono ancora radicati a sufficienza nella mentalità democratica liberale dell’occidente. La scena post-comunista della Repubblica Ceca ne è un chiaro esempio.

    La devastazione morale del periodo del totalitarismo comunista ha lasciato gravi danni sui Paesi che erano stati satelliti sovietici. La guarigione sta richiedendo più tempo di quello impiegato per la trasformazione economica e politica. Anche la società ceca, che ha avuto una significativa esperienza democratica durante il periodo cecoslovacco tra le due guerre, e che aveva già ripristinato il suo stato democratico dopo la rivoluzione di velluto, soffre ancora per la malattia che Jiri Pehe ha chiamato “democrazia senza democratici”. Le istituzioni democratiche sono state create, ma i politici e i cittadini non hanno ancora adeguatamente sviluppato una mentalità democratica. Essi tendono a rispondere alle diverse sfide con un atteggiamento politico poco democratico (o addirittura non democratico). Così la società è incline a manifestazioni diverse di populismo, nazionalismo, corruzione e bassa cultura politica.

    L’influenza erosiva della Russia

    Queste tendenze sono sostenute anche dalla crescente influenza nella società delle attività economiche e dei servizi segreti russi, reliquie della dominazione sovietica in questa regione, minaccia spesso sottovalutata. La lobby e i media filo-russi promuovono il nazionalismo e tendenze politiche euroscettiche al fine di indebolire o danneggiare l’integrazione europea. Media come Aeronet.cz, Sputnik e altri diffondono la propaganda del Cremlino con la retorica anti-occidentale, il nazionalismo politico, la xenofobia e le teorie del complotto. La loro eco risuona nel populismo politico d’importanti rappresentanti della scena politica ceca post-comunista, come il presidente Milos Zeman e l’ex presidente Vaclav Klaus. L’agenda politica di queste persone tende così alla critica dei valori democratici liberali occidentali proprio come in altri Paesi post-comunisti dell’Europa centrale.

    Si possono identificare due motivi per cui queste idee trovano consenso all’interno della società. In primo luogo, come accennato sopra, il fatto che la società non ha ancora sviluppato una sufficiente sensibilità e fiducia nei principi democratici. Il discorso pubblico è ancora vulnerabile e passibile di diverse forme di manipolazione e populismo. In secondo luogo, queste società dell’Europa centrale si sono per molto tempo percepite come vittime di diverse strutture egemoniche e hanno sviluppato un’identità collettiva segnata dall’incertezza e dallo squilibrio. Il sentirsi “secondo violino” è sensazione ancora molto diffusa e rende queste società molto sensibili a ogni forma di esercizio autoritario del potere dall’estero.

    Risposta alla crisi dei rifugiati

    Così si spiega anche la reazione precipitosa del Gruppo di Visegrad alla decisione del Consiglio Ue sulla distribuzione dei rifugiati tra tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. La crisi migratoria ha compattato queste società, come Radko Hokovsky ha scritto di recente su Politico. La sicurezza europea e la lotta per i valori europei sono sorprendentemente diventati il problema principale anche nella retorica pubblica ceca. Nonostante il fatto che la Repubblica Ceca sia uno dei Paesi più secolarizzati, paradossalmente anche la religione ora ha assunto un ruolo in questo contesto. In nome della difesa dei “nostri valori cristiani tradizionali” ci si oppone all’integrazione dei rifugiati musulmani nella società ceca. Secondo Tomas Halik “è sintomatico che la paura più grande dell’islam si trovi nella Repubblica Ceca, dove quasi non ci sono musulmani. La fonte principale di questa paura è quindi una mancanza di conoscenza”. Purtroppo questo tipo di xenofobia, che ha radici nella società uniforme e monoculturale del totalitarismo comunista, riecheggia anche in alcuni ambienti ecclesiali e in loro rappresentanti che affermano che solo i rifugiati cristiani dovrebbero essere accolti.

    La crisi dei rifugiati, tuttavia, rivela anche aspetti molto promettenti e conquiste della trasformazione democratica. Dopo un iniziale periodo di confusione, i principali media cechi hanno mostrato una notevole opposizione al populismo contro i rifugiati. Inoltre, la società civile si è rivelata essere ben consolidata. Nonostante la ritrosia dei rappresentanti politici, decine di organizzazioni non governative hanno spontaneamente organizzato azioni umanitarie. Centinaia di giovani volontari cechi si sono coinvolti nell’offrire aiuti umanitari ai rifugiati in diversi punti del percorso dei Balcani. Anche all’interno della Chiesa ci sono molte attività di questo tipo e molti rappresentanti della Chiesa sono diventati un’importante “voce della coscienza” nella situazione attuale.

    (fonte: Europeinfos #191; traduzione italiana a cura di Eurcom)


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      Petr Mucha

      Theologian and Sociologist at New York University in Prague and member of Forum 2000 Foundation

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